Gli assessori al turismo avanzano proposte sulle locazioni brevi

Comuni e locazioni brevi

Nelle grandi città italiane, si sa, i flussi di visitatori sono sempre stati elevati, sia per i movimenti legati al mondo degli affari, dell'istruzione e del commercio, sia per quanto riguarda il nostro patrimonio culturale che attrae, da ogni parte del globo, milioni di visitatori alla ricerca delle atmosfere uniche del nostro Paese. 

 

Nel 2018, ad esempio, i turisti che hanno soggiornato in Italia sono stati circa 429 milioni, con un incremento del 2% sull'anno precedente, e una percentuale sempre crescente di loro ha scelto di soggiornare in un appartamento, una stanza, una casa indipendente o un'altra forma di immobile offerto in locazione breve.

 

La gestione ordinata degli ingenti flussi turistici che costituiscono una grande risorsa economica per tutto il Paese, è di sicuro una preoccupazione concreta per tutti i Comuni italiani e in particolare per alcune città, come le cinque i cui assessori al turismo si sono incontrati il 24 febbraio scorso a Napoli per elaborare alcune proposte concrete da portare all'attenzione del ministro Franceschini, che ha le deleghe per il settore turismo.

 

L'assessore Eleonora de Majo di Napoli ha fatto da padrona di casa all'incontro a cui sono intervenuti i suoi omologhi di Roma, Milano, Firenze e Bologna con il preciso scopo di mettere a punto una strategia comune volta a gestire, nello specifico, il fenomeno degli immobili affittati con formule di short rent che hanno letteralmente invaso queste città, così come la gran parte delle mete turistiche nazionali e internazionali.

Nuove prospettive e annosi problemi

Gestire i flussi turistici è sempre stato complesso nei tessuti urbani, soprattutto durante i periodi di massima affluenza in cui tutte le strutture cittadine, dai trasporti alla ricettività, sono messe sotto pressione. Di sicuro la diffusione dell'ospitalità negli immobili in locazione breve ha mutato, sotto diversi aspetti, questa dinamica. Se da un lato è diventato, infatti, più difficile determinare in modo preciso le effettive presenze e il loro andamento nel tempo, dall'altro moltissimi immobili, soprattutto nei centri storici, hanno cambiato destinazione d'uso, trasformando profondamente il tessuto sociale di alcune zone delle città.

 

Si comprendono, quindi, le preoccupazioni degli amministratori locali e la volontà di presentare al Ministero del Turismo, che sta elaborando una proposta di legge di riforma del settore, una serie di riflessioni, e di richieste, che nascono dalla propria esperienza concreta e dalle esigenze che sono sorte in questi ultimi anni.

 

Durante l'incontro, a quanto dicono le fonti giornalistiche, si è valutato, in modo approfondito ed equilibrato, il rapporto tra gli immobili in locazione breve e il resto della città, evidenziando, da un lato, il loro ruolo come risorsa economica di primaria importanza, ma sottolineando anche, per contro, le criticità che il loro proliferare spesso rapidissimo ha creato nei diversi contesti urbani.

Imprenditori o semplici locatori

Una delle prime questioni che si sono presentate da quando la legge ha iniziato a regolamentare l'attività di gestore di immobili in affitto breve è stata quella di determinare se questa attività, che consiste, lo ricordiamo, nel dare in locazione un immobile, o parte di esso, per un periodo inferiore ai 30 giorni, fornendo anche, quanto meno, il servizio di pulizia e il rifornimento della biancheria per la casa, sia di carattere imprenditoriale o meno.

 

Nel primo intervento normativo sugli affitti brevi, il DL 50 del 2017, veniva chiarito che l'attività di locatore di un immobile in affitto breve non era assimilabile in alcun modo a quella imprenditoriale e veniva, di conseguenza, stabilita l'aliquota del 21% per le imposte in cedolare secca sui redditi prodotti da questa attività, per cui non erano richieste né un'abilitazione professionale, né l'apertura di una partita IVA.

 

In questi tre anni, però, la situazione è mutata radicalmente e, accanto ai numerosi privati che affittano uno o due immobili per integrare il reddito familiare, si sono moltiplicate le aziende di varie dimensioni che praticano la stessa attività con finalità e modalità chiaramente imprenditoriali.

 

Da qui la prima proposta degli assessori al turismo delle cinque grandi città coinvolte nell'incontro di Napoli: elaborare un sistema per distinguere nettamente tra attività imprenditoriale e non imprenditoriale, basandosi su parametri oggettivi e misurabili.

Una nuova destinazione d'uso?

Una seconda interessante proposta, nata dalle esigenze organizzative e tecniche delle amministrazioni cittadine, è quella di istituire una nuova destinazione d'uso per gli immobili, denominata “residenziale/ricettiva” che preveda esplicitamente la possibilità di locare case e appartamenti con lo short rent. Attraverso l'applicazione di questa nuova destinazione d'uso, quindi, si potranno anche escludere alcune zone della città dalla possibilità di contenere immobili di questo tipo e, in ogni caso, regolare in modo pianificato la presenza dell'ospitalità diffusa in un centro urbano.

 

Dal punto di vista di chi, come noi di Hintown, si occupa di fornire un supporto tecnico, logistico, ma anche strategico a chi desidera investire nello short rent, quest'ultima proposta sembra particolarmente delicata e da ponderare con estrema attenzione. Se da un lato, infatti, i Comuni potrebbero utilizzare questo strumento per ridurre le zone in cui è possibile realizzare una locazione breve, dall'altro la nuova destinazione d'uso potrebbe anche aumentare il valore degli immobili che vengono individuati come idonei. Si tratterebbe, in ogni caso, di valutare la situazione caso per caso, città per città, in modo da non porre limiti eccessivi e del tutto nocivi ad un grande volano per l'economia dei territori, salvaguardando però la progettualità di ogni amministrazione comunale sul tessuto urbano e sui suoi equilibri sociali, economici e culturali.

 

Infine, i cinque assessori al turismo di Napoli, Milano, Bologna, Roma e Firenze hanno anche concordato sulla richiesta di accelerare il processo di attuazione del Codice Identificativo di Riferimento nazionale, il cosiddetto CIR, la cui introduzione è stata prevista da un recente intervento normativo, ma la cui realizzazione pratica sembra essere ancora di là da venire. Attraverso l'obbligo di registrarsi in questo elenco nazionale, affermano gli amministratori locali, sarà possibile rafforzare il controllo sugli immobili affittati, diminuendo l'abusivismo e rendendo tutto il settore più trasparente e produttivo per la collettività, oltre che per i proprietari e i gestori.

 

Nell'attesa di vedere come queste proposte verranno eventualmente accolte in sede legislativa, resta chiaramente molto alto l'interesse per gli investimenti immobiliari attraverso questo tipo di messa a reddito e per le prospettive che si aprono per il loro futuro.
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