Le novità normative sugli affitti brevi

Grandi affari e grande confusione

La possibilità di affittare un alloggio ammobiliato per pochi giorni, precisamente meno di trenta, con procedure semplificate dal punto di vista burocratico esiste già da alcuni anni ed ha creato da subito un grande interesse e, parallelamente, una grande confusione nel settore immobiliare e turistico.

Se trovare ospiti per un appartamento a Milano o una casa vacanze in Salento è diventato sempre più facile grazie ai portali online specializzati, come Airbnb o Booking.com, si poneva la questione dello status legale e fiscale di chi offriva, oltre all'uso dell'immobile, alcuni servizi, come la pulizia o il rifornimento di biancheria. Un primo intervento legislativo sull'argomento, l'articolo 4 del DL 50/2017, dichiarò che chi affittava in locazione breve non poteva essere considerato un imprenditore del settore turistico, malgrado offrisse di fatto pernottamenti anche di una sola notte in strutture con servizi di tipo alberghiero.

Venne così deciso che il proprietario avesse la possibilità di scegliere la tassazione dei proventi ottenuti coi canoni di locazione mediante una cedolare fissa al 21% e venne esclusa ogni necessità di apertura della partita IVA.

È stato così che le condizioni obiettivamente molto convenienti in cui si sono venuti a trovare i proprietari di immobili in affitto breve ha provocato negli ultimi anni un vero boom del settore che ha coinvolto tutto il nostro Paese. La locazione breve, infatti, è, in moltissimi casi, il miglior modo per mettere a reddito un immobile, anche servendosi del supporto di aziende di co-hosting come noi di Hintown, e questo spiega la sua diffusione ormai capillare in ogni località grande e piccola della Penisola.

Non c'è dubbio che questo improvviso successo abbia suscitato le preoccupazioni degli albergatori che, attraverso le proprie associazioni di categoria, hanno sollecitato una maggiore regolamentazione del settore, sia a livello regionale, sia a livello nazionale. D'altra parte il problema dell'evasione fiscale e degli affittiin nero” preoccupava, e preoccupa ancora, non poco le amministrazioni locali che hanno iniziato a muoversi in modo autonomo, con norme regionali o addirittura comunali diverse da zona a zona. 

Una banca dati nazionale

Negli ultimi mesi si è realizzata una vera e propria svolta normativa, con l'approvazione di una serie di leggi nazionali che hanno lo scopo di regolamentare e tenere sotto stretto monitoraggio da molti punti di vista un fenomeno in continua crescita su tutto il territorio nazionale.

Il primo di cui vogliamo parlare, anche rifacendoci all'interessante guida pubblicata recentemente da Il Sole 24 Ore, è il DL 34/2019, altrimenti noto come “decreto crescita”. In uno degli articoli di questa corposa norma a carattere economico si stabilisce l'obbligo, per tutti i proprietari che intendono affittare un proprio immobile, o parte di esso, con la formula delle locazioni brevi, di iscriversi ad una specifica banca dati in cui ogni appartamento o casa vacanze sarà identificato con un codice unico.

Questo sistema, già sperimentato in passato a livello regionale o comunale, prevede che il codice assegnato, o CIC, venga utilizzato per tutte le comunicazioni inerenti l'immobile sia nei confronti dei privati, sia verso la Pubblica Amministrazione. In altre parole, il proprietario dovrà, ad esempio, indicare il CIC dell'immobile nell'annuncio di offerta su Airbnb o su Booking.com, così come, probabilmente, anche nella dichiarazione dei redditi.

Il tentativo è quello di fare emergere del tutto l'entità del fenomeno, limitando in questo modo il più possibile gli affitti illegali e la conseguente evasione fiscale. Le speranze di buona riuscita di questo provvedimento, d'altra parte, sono legate al fatto che molti proprietari promuovono i propri immobili mediante i siti specializzati e, se questi dovessero rendere obbligatorio l'inserimento del CIC per pubblicare un annuncio, il monitoraggio delle locazioni brevi avrebbe di sicuro successo.

La sicurezza prima di tutto

Non c'è dubbio che il tema della sicurezza, soprattutto rispetto a possibili eventi di tipo terroristico, è una delle costanti, sfortunatamente, di questi ultimi anni. Anche il settore turistico, per quanto di sua competenza, è chiamato a fare la propria parte e fornire alla Questura di competenza i dati anagrafici di tutte le persone ospitate in qualsiasi struttura.

Questo tipo di incombenza burocratica è da sempre una delle poche a cui devono sottostare i proprietari di case o appartamenti che affittano con una locazione breve, tuttavia il DL 113 del 2018, il cosiddetto “Decreto Sicurezza”, ha ulteriormente formalizzato questo obbligo. 

In realtà si tratta, semplicemente, di specificare in modo chiaro ciò che era già valido per una norma generale riguardante tutti gli immobili in affitto e tutte le strutture ricettive turistiche, ma è importante, dal nostro punto di vista, rilevare questo ulteriore segno di attenzione per il fenomeno dello short rent in Italia le cui proporzioni, evidentemente, sono diventate notevoli per la politica nazionale.

La comunicazione dei dati degli ospiti alla Questura è, d'altra parte, uno dei servizi che Hintown offre ai propri clienti, insieme alla gestione dell'annuncio e delle prenotazioni online. In questo modo veniamo quotidianamente in aiuto ai tanti proprietari di case e appartamenti in locazione breve che non hanno il tempo o le energie per occuparsi della burocrazia connessa al passaggio degli ospiti.

Fisco e intermediari

Un ultimo intervento legislativo che completa il quadro delle novità sulla regolamentazione degli affitti brevi è, in realtà, un insieme di norme e accordi che, progressivamente, stanno modificando le modalità del prelievo fiscale sui proprietari di alloggi e case vacanza in locazione breve.

Visto l'enorme successo dei portali online, come i già citati Airbnb e Booking.com, attraverso i quali, di fatto, passa gran parte delle transazioni riguardanti le locazioni brevi, l'idea del legislatore è quella di prelevare le tasse dovute dal proprietario direttamente al momento del pagamento su questi siti. 

Così, la cedolare secca del 21% sul canone percepito verrà ora trattenuta direttamente dal sito su cui avviene la transazione e versata allo Stato, anche se questo creerà qualche intoppo per coloro che intendono non avvalersi di questa opzione, ma che desiderano che il reddito ottenuto in questo modo sia tassato in modo ordinario. D'altra parte, molti comuni italiani hanno già da tempo stretto accordi con Airbnb sul prelievo, con analoghe modalità, della tassa di soggiorno locale, nel tentativo, sembra ben riuscito, di contrastare l'evasione fiscale.

Si sta realizzando in questo modo, come abbiamo brevemente visto, un sistema di regolamentazione del settore delle locazioni brevi che non potrà che giovare a tutti coloro che, proprio per la presenza di regole certe e di un mercato in cui tutti giocano “alla pari”, potranno sfruttare al meglio questa opportunità di investimento immobiliare.
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